Pietro Paolo Cartolari, notaio vicentino della prima metà del Quattrocento, portava nel nome un pezzo del suo destino. Infatti era anche un cartolarius cioè un venditore di carta .
Pietro Paolo Cartolari, notaio vicentino della prima metà del Quattrocento, portava nel nome un pezzo del suo destino. Infatti era anche un cartolarius cioè un venditore di carta[i].
Qualcuno si chiederà come mai i notai esercitassero anche un’altra attività. In quei tempi era consuetudine, era normale, svolgere pure un altro lavoro. Lo era stato nel Trecento e lo sarà ancora fino al Cinquecento quando gli organi deliberanti dell’associazione professionale, il Collegio, vieteranno agli iscritti, pena l’esclusione dal consesso, l’esercizio di ogni attività pratica e manuale [ii].
Pietro Paolo aveva seguito le orme del padre Nicola che era stato notaio e cartolarius anch’egli. Pietro Paolo era solo uno dei diversi commercianti di carta operanti nello spazio cittadino.
La nuova materia scrittoria, la carta, grazie ai costi molto più bassi, si era diffusa rapidamente fin dal Trecento[iii] affiancando quella più antica, la pergamena. Se questa era ottenuta dalla pelle di ovini o bovini, trattata poi con calce e infine rasata e stirata, la carta, invece, veniva ricavata dagli stracci di lino e di canapa –in seguito anche di cotone- pressati e ridotti in poltiglia. Nel territorio italiano le cartiere marchigiane di Fabriano avevano introdotto delle innovazioni tecnologiche che rendevano il prodotto meno deteriorabile e più competitivo sul mercato. Gli stracci venivano disgrossati con macchine idrauliche a magli multipli, i fogli realizzati erano impermeabilizzati con colla di gelatina animale ottenuta dalla bollitura del carniccio proveniente dagli scarti delle concerie e infine i fabrianesi avevano introdotto un segno distintivo, la filigrana, quel disegno, una lettera, una figura, un nome, visibile guardando il foglio in controluce.
Qui a Vicenza sulla carta si documentava tutta l’attività amministrativa e giudiziaria del Comune e i notai la utilizzavano per certificare le volontà dei contraenti mentre la pergamena sopravviveva per gli atti ufficiali delle cancellerie e per i testi più importanti che richiedevano una registrazione formale. Nella torre del Zirone -oggi nota come torre del Tormento- collegata al palazzo civico da un poggiolo in pietra, era stato sistemato nel 1417 l’ufficio del Registro per la trascrizione integrale degli atti dei notai su volumoni pergamenacei. Nelle botteghe di cartoleria si vendevano sia le pergamene, la carta bergamina, sia la carta, la carta bombacina, in singoli fogli o in quaderni di varia grandezza cuciti tra loro a formare libri e registri e altri prodotti di cancelleria come il sego, l’inchiostro, la cera e lo spago. Li avremmo trovati nel 1442 nella rivendita di mastro Giovanni Andrea di Gelino da Velo sistemata[iv] sotto un poggiolo del palazzo del Podestà o nel 1440 in quella di Bartolomeo di Francesco collocata nell’edificio del Comune[v]. Di altri cartai sappiamo che abitavano in città: alcuni di loro erano definiti magister come Giovanni di Vincenzo presente nella zona vicina al convento di San Michele nel 1417[vi]; o mastro Giacomo di Zanino da Padova in borgo Pusterla nel 1420[vii]. Erano luoghi vicini ai corsi d’acqua e questo potrebbe suggerire la presenza di impianti per la produzione della carta esclusivi o condivisi con altre attività come quella della lavorazione delle pelli. Nel 1418 in città, in contrà San Marco, operava il cartaio Gerardino da Colzè[viii]. Anche lui è identificato come magister, un appellativo che serviva forse a riconoscere e a distinguere l’abilità artigianale di mastro cartaio dall’esclusiva attività di commerciante. Attorno a Gerardino si muovono una serie di personaggi. Oltre a Nicola, il taverniere che gli ha venduto il vino e ad Andrea, l’oste che gli ha affittato casa, compaiono Antonio di Tomino da Cremona, magister cartolarius, abitante a Vicenza nella sindicaria di Carpagnon[ix], designato esecutore testamentario e il tedesco Nicola del fu Figo, mastro tintore di pelli, nominato erede universale. Nicola è pure socio di Gerardino in arte cartolarie et petinetorie a conferma di quanto potesse essere probabile l’utilizzo degli stessi impianti per attività diverse.
Il primo condannato a morte era stato nel 1422 Francesco, un cieco di Santorso, decapitato. Identica sorte avevano subito ser Litolfo Ravanus da Schiavon nel 1424 e Zilio da Roncade nel 1428. Giacomino da Rettorgole bandito dalla città di Vicenza per omicidio e poi catturato era stato decapitato nel 1432. Una sentenza emanata dal Podestà veneziano in collaborazione con il Consolato vicentino aveva deciso l’impiccagione per Giovanni Domenico da Nanto nel 1437.
Anche Pietro Paolo aveva la bottega nel palazzo comunale. Della sua vita privata sappiamo poco. Abitava vicino a ponte San Michele ed era sposato con Sibilia. Nel 1423, con la morte del fratello Giovanni, cartaro anch’egli, aveva fatto testamento istituendo eredi proprio le figlie del fratello, Antonia, sposata con Vincenzo Bissari e Isabetta [x]. Al contrario, di lui conosciamo bene l’aspetto professionale. Era stato ammesso nella corporazione dei notai nel 1417 e vi era rimasto fino al 1444 anno della morte. Come accadeva per quasi tutti i notai alternava il lavoro di cancelliere e segretario nei diversi uffici cittadini a quello di estensore di atti tra privati come libero professionista. Tra i diversi istrumenti aveva una predilezione per i testamenti. Tanti ricorrevano al notaio per dare efficacia giuridica alle estreme decisioni e, in quei tempi difficili, per raccomandare l’anima alla corte celeste cercando e sperando nella clemenza divina per superare l’impatto del passaggio da questa vita all’altra. Tra il 1418 e il 1443, un arco temporale che vide attivi in città una cinquantina di notai, ne compilò almeno un 150. In particolare, però, Pietro Paolo era lo scrivano delle ultime volontà dei condannati a morte[xi]. Il primo era stato nel 1422 Francesco, un cieco di Santorso, decapitato. Identica sorte avevano subito ser Litolfo Ravanus da Schiavon nel 1424 e Zilio da Roncade nel 1428. Giacomino da Rettorgole bandito dalla città di Vicenza per omicidio e poi catturato era stato decapitato nel 1432. Una sentenza emanata dal Podestà veneziano in collaborazione con il Consolato vicentino aveva deciso l’impiccagione per Giovanni Domenico da Nanto nel 1437.
Pietro Paolo si presentava da questi “clienti” particolari all’ultimo minuto – diciamo così – e cioè il venerdì scriveva gli atti e poi il sabato in Campo Marzo veniva eseguita la sentenza. Il testamento più noto era stato certamente quello compilato nel 1423 per Domenica, la donna condannata ad essere bruciata viva in Campo Marzo. L’eccezionalità dell’evento aveva colpito lo stesso notaio che aveva assistito all’esecuzione e a chiusura del testamento non aveva potuto fare a meno di annotare, con macabra precisione, et statim die sequenti conbusta fuit in Campo Marcio non in totum sed mortua fuit et est[xii].
Le carceri di Vicenza si trovavano nel palazzo del Comune e Pietro Paolo aveva la rivendita proprio lì, vicino all’entrata delle prigioni.
E allora… lo possiamo immaginare passare per un attimo nella bottega, prendere qualche foglio di carta,la penna, l’inchiostro e un po’ di cera, compiere pochi passi, entrare negli spazi angusti del reclusorio, avvicinarsi ad reatam, una grata di ferro, per incontrare il condannato, ascoltare le sue parole e cominciare a scrivere.
a cura di Maria Luigia De Gregorio
[i] Sugli inizi della vendita e produzione della carta nel Vicentino si rinvia a E. DEMO, Le manifatture tra Medioevo ed Età moderna in L’industria Vicentina dal Medioevo a oggi, Vicenza 2004, pp. 21-126; CARTAI E STAMPATORI IN VENETO a cura di G.L. Fontana e E. Sandal, Brescia 2001
[ii] S. Lavarda, L’incivile, disonesta e sordida vita: storia di un notaio del Seicento, Sommacampagna 2002
[iii] Il più antico documento su carta conservato in Archivio di Stato di Vicenza, Convento di San Tommaso b. 2599 del 1327 marzo 30
[iv] Atti dei notai b. 31 fasc.7
[v] Atti dei notai b. 17A c. 23, alla data del 25 maggio 1440
[vi] Ufficio Registro 1417 c. 497
[vii] Testamenti in bombacina 1420 set. 11
[viii] Tb 1418 aprile 18
[ix] Nel 1418, dicembre 10/11 Antonio detta il suo testamento: ha rapporti con Venezia, con il massaro del doge e con Gasparino Turlono scapizzatore di panni
[x] Isabetta sposerà Bartolomeo di Pietro Paolo da Treviso, notaio e cartaio, ed entrambi saranno nominati eredi dal nostro Pietro Paolo nel suo secondo testamento del 16 giugno 1442
[xi] Nei volumi dei Testamenti in bombacina, tra il 1417 e il 1445, sono stati trovati 8 testamenti di condannati a morte di cui 5 rogati da Pietro Paolo Cartolari cui si aggiunge quello di Domenica che attualmente è reperibile solo nell’ufficio Registro.
[xii] Ufficio Registro 1423, 2° c.591