Fonti per la storia: Il fondo “Ebrei internati civili”
Con la circolare dell’Ufficio centrale degli Archivi di Stato-Direzione generale dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno n. 30 del 20 giugno 1961 avente per oggetto il “versamento agli Archivi di Stato dei fascicoli concernenti cittadini di origine ebraica”, la Presidenza del Consiglio dei Ministri dispone che “tutti i fascicoli relativi a informazioni ed accertamenti compiuti, a suo tempo, in esecuzione dell’abrogato regio decreto 7 novembre 1938, n. 1728, nei confronti di persone di origine ebraica, siano versati negli Archivi di Stato”. La circolare prosegue invitando gli Archivi di Stato a “prendere immediato contatto con le Prefetture e le Questure per concordare le modalità del versamento predetto, che dovrà essere effettuato in ogni caso, quale che sia la situazione della ricettività degli Archivi, e prescindendo dalle operazioni di scarto previste dalla vigente legislazione archivistica” [1]. La successiva circolare n. 32 del 31 agosto 1961 precisa invece che “debbono essere versati agli Archivi di Stato non soltanto i fascicoli personali dei cittadini ebrei, ma anche l’intera documentazione sulla campagna razzista, tuttora esistente presso le Prefetture e le Questure” [2].
Con nota n. 250 del 5 luglio 1961, l’Archivio di Stato di Vicenza comunica all’Ufficio centrale degli Archivi di Stato il versamento, avvenuto il giorno precedente, da parte della locale Questura dei “fascicoli concernenti le persone di origine ebraica internate in questa provincia nel periodo 1940-1945”. Informa inoltre che “i fascicoli relativi ad informazioni ed accertamenti compiuti a suo tempo, in esecuzione dell’abrogato r.d. 7 novembre 1938 n° 1728, antecedentemente al 1940, sono andati distrutti con l’incendio della sede della Questura nel marzo del 1945” [3].
Con la successiva nota n. 4 ris del 15 settembre 1961, sempre inviata all’Ufficio centrale degli Archivi di Stato, il direttore dell’Istituto Antonio Cian ribadisce il versamento da parte della locale Questura di “n° 418 fascicoli personali tutti concernenti israeliti di cittadinanza straniera, provenienti dai territori occupati dalle forze armate germaniche e da quelli occupati dalle forze armate italiane.
Il direttore poi aggiunge che “Dette persone erano state assegnate al governo italiano, in qualità di “Internati civili di guerra” ai vari comuni di questa provincia a domicilio coatto, e non in campi di concentramento, che in questa provincia non risulta ci fossero. Dopo l’8 settembre gran parte di esse si disperse” , e precisa che “né la Prefettura, né la Questura sono in possesso di fascicoli personali concernenti cittadini (italiani) di origine ebraica, né di documenti sulla campagna razzista” [4].
In realtà il campo di concentramento fu istituito a Tonezza del Cimone all’indomani dell’8 settembre 1943, e una parte degli “internati civili di guerra” dispersi perché allontanatisi dal luogo d’internamento dopo l’armistizio, una volta arrestati, vi transitarono prima di essere condotti dalle SS tedesche il 30 gennaio del 1944 ad Auschwitz [5].
Il fenomeno dell’ “internamento civile libero”, indagato a fondo da Paolo Tagini e Antonio Spinelli, si concretizzò a partire dal giugno del 1940, in seguito all’entrata in guerra dello Stato italiano, nel momento in cui Mussolini ordinò l’arresto di tutti gli ebrei sia italiani che stranieri (per lo più fuggiti dalla Germania, dalla Polonia e dalla ex Jugoslavia) [6].
A molti degli arrestati, nella maggioranza dei casi ebrei stranieri, in alternativa ai campi di concentramento, allestiti prevalentemente in quel momento nel sud Italia, fu riservata la soluzione dell’internamento “libero”: una sorta di domicilio coatto in determinate località, generalmente piccoli centri posti in zone interne, in cui gli arrestati erano costretti ad attestare una o più volte al giorno la propria presenza [7]. Il Veneto e in particolare modo la provincia di Vicenza accolsero, tra il 1941 e il 1943, un numero consistente di internati: nello specifico sono note le identità di 615 ebrei stranieri che trascorsero un periodo di domicilio coatto nei 28 comuni del Vicentino scelti come località di internamento [8]. I comuni interessati furono Albettone, Arsiero, Arzignano, Barbarano Vicentino, Bassano del Grappa, Brendola, Breganze, Caltrano, Camisano Vicentino, Cismon del Grappa, Enego, Lastebasse, Lonigo, Lusiana, Malo, Marostica, Montebello Vicentino, Montecchio Maggiore, Noventa Vicentina, Posina, Roana, San Nazario, Sandrigo, Sossano, Valli del Pasubio e Vicenza.
Il complesso documentario noto come “Ebrei internati civili”, sub-fondo parte dell’archivio della Questura di Vicenza, raccoglie la documentazione prodotta e ricevuta proprio dalla Questura nella gestione delle attività di controllo degli internati: era infatti la Divisione I-Gabinetto che, come previsto r.d. 20 agosto 1909, in quanto incaricata della tutela dell’ordine pubblico, ad aver ricevuto tale compito.
“Dette persone erano state assegnate al governo italiano, in qualità di “Internati civili di guerra” ai vari comuni di questa provincia a domicilio coatto, e non in campi di concentramento, che in questa provincia non risulta ci fossero. Dopo l’8 settembre gran parte di esse si disperse”
La documentazione risulta organizzata per comune di internamento: per ciascun Comune sono presenti un fascicolo di corrispondenza generale e fascicoli relativi a ciascun internato. In particolare questi ultimi comprendono il carteggio intrattenuto dalla Questura di Vicenza con la Prefettura, le stazioni dei Carabinieri ed i podestà dei Comuni, dal momento dell’arrivo dell’internato in poi. Si conservano infatti le comunicazioni dell’arrivo dell’internato, in alcuni casi anche i fogli di via con tanto di fotografie identificative con cui giunsero al Comune di destinazione, ai quali si aggiungono le comunicazioni e le richieste di integrazione relative ai sussidi che erano loro destinati, e tutte le istanze e le relative autorizzazioni, concesse o negate, allo scopo di ottenere permessi per spostarsi dal luogo di domicilio, ad esempio, per sottoporsi a cure mediche, o per questioni di natura personale o familiare.
Sono conservate inoltre le comunicazioni pervenute, all’indomani dell’8 settembre dell’allontanamento “arbitrario” degli internati, come anche le segnalazioni della presenza delle internati in altri Comuni italiani. Infine sono conservate anche le annotazioni relative ai prelevamenti avvenuti nel gennaio del 1944 da parte delle forze armate germaniche.
Attraverso questo materiale documentario è possibile non solamente ricostruire le singole esistenze degli internati nel periodo di domiciliazione coatta nel V icentino, ma anche come le istituzioni e la popolazione hanno risposto, in un momento così delicato per la storia del nostro paese, alla loro presenza e vicinanza.
Per tutti coloro che volessero approfondire lo studio sull’internamento “libero” nella provincia di Vicenza, il complesso archivistico “Ebrei internati civili” è consultabile presso la Sala studio dell’Istituto.
a cura di Anna Casotto
[1] ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale degli Archivi di Stato, Divisione affari archivistici statali (1959-1968), b. 59, fasc. 5.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Paolo Tagini, Le poche cose. Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza 1941-1945, Cierre Edizioni, Verona, 2006. Si veda in particolare la sezione “Biografie degli ebrei internati nella provincia di Vicenza”, pp. 243-360
[6] Oltre alla pubblicazione di Paolo Tagini sopracitata, si segnala il lavoro recentemente pubblicato a cura di Antonio Spinelli, Ebrei stranieri in Veneto. Storie di fughe e internamento (1933-1943), in Venetica, a. XXXVI, n. 63 (2/2022), Cierre Edizioni, Verona, 2022
[7] Paolo Tagini, Le poche cose. Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza 1941-1945, Cierre Edizioni, Verona, 2006, pp. 47-48
[8] Paolo Tagini, Gli ebrei internati nella provincia di Vicenza (1941-1943), in Venetica, a. XXXVI, n. 63 (2/2022), Cierre Edizioni, Verona, 2022, p. 67