1020 gennaio 18-20. Montecchio Maggiore. I coniugi Giovanni fabbro del fu Audiverto e Buniverga del fu Pietro donano alla chiesa dei Santi Felice e Fortunato un appezzamento di viti e tre appezzamenti di terra arativa
È il mese di gennaio, l’anno il 1020. Il fabbro Giovanni e la moglie Buniverga si rivolgono al notaio di sacro palazzo Rodani affinchè dia forma scritta alla volontà di donare alcuni loro beni al monastero dei santi Felice e Fortunato di Vicenza. Su una pergamena di forma trapezoidale, in inchiostro bruno, il notaio redige l’atto di donazione, “pro anime”, di una vigna in località sotto il Monte e di tre campi di terra arativa al Paluello, a Montecchio. Registra poi le sottoscrizioni dei due coniugi, dei testimoni Toringo, Giovanni Bovoni, Rodiverto Cavacia e si sottoscrive a propria volta. Il suo segno è in apertura del documento, prima dell’invocazione alla divinità.
È questo il più antico documento in originale che si trovi nel Vicentino. E’ conservato nell’archivio del monastero dei Santi Felice e Fortunato di Vicenza, insieme ad altri atti notarili. Questi documenti, redatti dapprima su pergamena e successivamente su carta, attestano le proprietà, i beni, i diritti di cui godeva il monastero. Sono collegati ai registri degli affitti, dei livelli e ai fascicoli di cause, nei quali la comunità religiosa risulta operare presso le autorità cittadine e veneziane a difesa dei propri interessi.
Fu nel corso del X secolo che il vescovo Rodolfo costituì il monastero fuori dalle mura cittadine, accanto alla basilica paleocristiana dei Santi Felice e Fortunato, lungo la direttrice della strada Postumia che collegava Genova ad Aquileia. Lo affidò alla comunità benedettina, che vi risiedette fino alla soppressione napoleonica di inizio Ottocento. I beni e le proprietà del monastero vennero allora acquisiti dal Demanio, così come l’archivio e il suo documento più antico, che entrò a far parte del patrimonio dell’Archivio di Stato nel secondo dopoguerra.
a cura di S. Girardello