Il 27 marzo del 1654 passò per Nove un elefante maschio venuto dalle Indie Orientali. Era alto come una carrozza alta.
Capita a volte, purtroppo non molto spesso, di trovare nei registri notarili di età moderna annotazioni di varia natura: possono essere rapide cronache familiari, abbozzate riflessioni filosofiche, brevi liriche, quando va bene formule magiche o pratiche di medicina popolare; nei casi più interessanti cronache di avvenimenti prodigiosi o di devastanti calamità naturali.
Un esempio sono le due note scritte da Andrea Mattiello, notaio attivo a Nove nella seconda metà del XVII secolo, sulla pergamena che rilega il registro di protocollo segnato 10.
La prima nota risale al marzo del 1654 e racconta della meraviglia suscitata dal passaggio per Nove di un elefante:
«Notta come l’anno 1654 li 27 marzo, di venerdì, passò per la villa delle Nove di transito un elefanta maschio venuta dalle Indie Orientali di età di anni 25 in circa qual veniva da Vicenza a Bassano.
Et cossì domisticcata che sparava una pistola, menava una bandiera benissimo, batteva il tamburo, giocava di scrimia con una spada, portava un secchio d’acqua alli astanti acciò si lavassero, si scopava benissimo per tutta la vitta con una scopa, pigliava un cappello di terra et faceva riverenza con il cavarselo et ponerselo sopra il capo, s’inchinava, cavava danari fora dalla scarsella del suo padrone et li rimeteva.
Et il tutto faceva con il suo naso, faceva riverentia con le giunture dei piedi cioè s’inchinava et levava da terra, il tutto faceva da sua posta con altri meravigliosi giochi.
Io Andrea Miatello nodaro pubblico affermo di (aver) vedutto a quanto di sopra.
Era alto come una carrozza alta»
Di tono assai meno leggero la nota che si trova sul margine interno sinistro della coperta anteriore:
«Memoria come l’anno 1655 de zugno nacque un figliolo morto a ser Francesco Zonta de Angaran et di Pasqua sua moglie et lo tenero così morto giorni otto, poi lo portò il padre a una miracolosa Madona qual per virtù d’Iddio mentre fu ditto fanciullo dalla detta immagine li venne sangue dal naso et lacrime dalli occhi perciocché fu battezzato. Restò poi morto e fu sepolto in secretto.
Et molti altri miracoli simili ha operato la detta Madona et in particolare di un fanciullo che era stato sepolto giorni 40».
È questo un un esempio di miracolo della temporanea resurrezione dei bambini morti senza battesimo, che attraversò l’Europa dal tardo Medioevo fino alle soglie dell’età contemporanea. Quando una creatura veniva alla luce priva di vita o moriva alla nascita senza aver potuto ricevere il battesimo, la sua anima andava incontro all’indefinitezza del Limbo; per molti genitori, i più consapevoli, tutto ciò era intollerabile: ci si rassegnava alla morte fisica, ma non alla morte spirituale. Lentamente si fece strada l’idea di un evento risolutivo speciale, un miracolo appunto: la possibilità di una breve sospensione della morte davanti ad una immagine miracolosa, giusto il tempo di poter impartire il battesimo e assicurare alla creatura la possibilità di accedere al Paradiso e alla salvezza eterna.
Ecco allora che si intraprendeva un viaggio a volte breve, ma spesso lungo e difficoltoso, con la creatura priva di vita anche da parecchi giorni tenuta in una cassettina. Poi l’esposizione, le preghiere e l’attesa fiduciosa di uno o più ‘segni di vita’, che nel nostro caso furono una lacrima e qualche goccia di sangue dal naso; quindi il battesimo e la salvezza eterna, la seconda e definitiva morte e la sepoltura in terra consacrata.
Molto diffuso in Francia e lungo tutto l’arco alpino, questo miracolo è ad oggi poco noto nei territori di pianura. In questi anni specifiche ricerche hanno fatto emergere questa particolare forma della religiosità popolare anche in terra vicentina e l’esempio di Angarano apre la strada ad una conoscenza più larga del fenomeno.
a cura di S. Fornasa e F. Bortoluzzi
.